Antonino Cangemi per Salvatore Sblando con «Lo strano diario di un tramviere»
![]() Lo strano diario di un tramviere
|
|
autori: | Salvatore Sblando |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Può la poesia sublimare il dolore? Medicarne le ferite, mitigarne gli strazi, silenziarne i gemiti, asciugarne le lacrime? A leggere la terza raccolta di poesie, appena pubblicata da La Vita Felice, di Salvatore Sblando, “Lo strano diario di un tramviere – Poesie per un nuovo inizio”, la risposta tenderebbe al sì. La silloge di Sblando, infatti, s’insinua tra le piaghe della sofferenza per la scomparsa del padre ripercorrendo i giorni della sua cupa e muta malattia senza tralasciare dettagli laceranti con versi che, nella loro garbata compostezza, pur avvolti da una soffusa e diffusa tristezza, mettono la sordina a un dolore altrimenti esplosivo.
Salvatore Sblando, curatore del blog letterario larosainpiu.org e autore di “Ogni volta che pronuncio te” (La Vita Felice, 2014), con “Lo strano diario di un tramviere – Poesie per un nuovo anno” conferma la sua musa essenziale e antiretorica. Ogni parola, in Sblando – poeta esigente –, è soggetta a rigorosa selezione, è misurata e soppesata: deve possedere in sé potenza espressiva e, combinandosi con le altre, moltiplicarla: da qui l’originale versificazione che quasi le isola e variamente le posiziona sul “pentagramma” poetico; e con la potenza espressiva, la parola deve essere dotata di effetto sonoro tale da garantire sufficiente cantabilità, qualche volta affidata a rime e assonanze reiterate, come nella bellissima poesia “Ereditaria Età” (“che resiste/ insiste/ si fa semenza/ l’assenza/ la memoria/ l’essenza/ di limone/ che non ho/ saputo/ voluto senza sale…”). E ciò non tanto per mero gusto provocatorio o per voluttà d’ostentazione: Sblando è un poeta sincero, in ciò che scrive e in come lo scrive, ed è consapevole di quanto difficile e costellato di insidie sia il percorso della scrittura poetica: “Prima di iniziare/ a scrivere/ leggo/ sempre…”.
Come suggerisce il titolo, la sua ultima silloge ha una struttura diaristica. Il suo è un diario in versi le cui diverse sezioni sono introdotte da brevi periodi in prosa, tutte dedicate al ricordo del padre, più un mesto epilogo che rievoca il momento del distacco.
Ed è, questo diario, un’elaborazione del lutto: sofferto, faticoso, travagliato come lo è ogni elaborazione di un lutto, specie se riferito alla figura paterna. (Tante e tenerissime le poesie dedicate al padre: da “Padre se anche tu non fossi il mio” di Camillo Sbarbaro al ricordo del padre capostazione di Quasimodo che Sblando, avido lettore di versi, certamente ama). In esso si intrecciano memorie, accadimenti, passaggi esistenziali, sensi di rimorso, consuntivi. Come immagini di un film, “Lo strano diario di un tramviere” quasi passa in rassegna la propria vita; e pertanto, accanto ai momenti di assistenza al padre infermo – d’intensa liricità -, si accavallano ricordi dell’infanzia, della propria terra – quella Sicilia a cui Sblando resta visceralmente legato al punto di ricorrere in un passo di una sua poesia a espressioni dialettali -, della quotidianità nella quale ritaglia un proprio angolo anche l’amore, talvolta cantato con felice leggerezza e ironia: “Marx disse/ ‹‹ Dio non esiste››/ e se esiste/ tu dici/ che sta/ sulle mie labbra/ ‹‹come il paradiso›› / dico io/ ‹‹sui tuoi baci›› ”. La quotidianità è anche Torino, la città in cui il poeta vive, e le rotaie del tram di cui è conducente, con l’orgoglio di uomo del Sud che non rinnega, ma anzi rivendica, le proprie radici.
Ritornando all’interrogativo iniziale, “Lo strano diario di un tramviere” elabora un lutto lancinante rivelando la forza catartica della poesia. Come detto, ciò si coglie nella limpidezza dei versi, nel loro sapere contenere nella sobrietà e nel garbo della forma un dolore acuto ammutolito e assopito. Ma anche nella sua accettazione che si manifesta nella volontà di ricominciare (“del mio eterno/ punto/ a capo”) espressa dal sottotitolo “Poesie per un nuovo inizio”.
gennaio 2021